Avanti per sempre, Bruce

Diario sentimentale di un’estate seguendo il tour di Springsteen: le solite quattro ore di adrenalina a sera, come sempre, ma anche la consapevolezza del tempo che passa e una promessa urlata al cielo.

Ho passato l’estate a pormi qualche domanda su Bruce Springsteen, e a provare a fargliene una – esiziale – direttamente. Alla fine ho avuto tutte le risposte. Confesso subito che per me Springsteen è come la bombola d’ossigeno per un sub: non ne posso fare a meno da quando a quattordici anni lo vidi ballare, con la grazia di un orango, con una giovanissima Courtney Cox nel video di Dancing in The Dark. Era il 1984, l’apogeo della brucemania. Adesso è il 2016 e – chi l’avrebbe detto – è ancora il suo anno. Mezzo secolo dopo il suo balbettante ingresso nel mondo discografico (due canzoni incise a nome The Castiles in un centro commerciale di Bricktown, NJ), Springsteen ha appena concluso il suo tour mondiale, staccando biglietti per oltre duecentocinquanta milioni di dollari d’incasso. E ora pubblica Born to Run, la sua autobiografia, accompagnata da un disco antologico in cui compaiono per la prima volta quelle due antiche canzoncine dei Castiles: Baby I (un ingenuo tentativo di scimmiottare lo stile degli Animals) e That’s What You Got, dove c’è un verso – «Vivo una vita di menzogne» – che introduce un tema costante, sebbene sottotraccia, in tutta l’opera del Nostro: sì, perché anche Bruce Springsteen, il rocker più genuino dei due mondi, l’epitome stesso dell’integrità artistica e morale, di tanto in tanto (benvenuto tra noi!) viene assalito dal dubbio di essere solo un bluff. Continua a leggere...

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