Van Morrison - Astral Weeks (1968)

Irlandese di Belfast, George Ivan Morrison arriva in studio, a New York, quando ha 23 anni e storie non proprio edificanti da raccontare. Il manager che l'ha convinto a lasciare l'Irlanda e i Them, per i quali ha scritto Gloria, che diventerà un classico, è morto all'improvviso: la vedova, che ha ereditato i contratti, lo tiene al guinzaglio, piú che altro per vendetta (lo crede in qualche modo responsabile della morte del marito): non può esibirsi a New York, per esempio, si deve sposare in fretta per non essere espulso dagli Usa, a un certo punto è costretto a registrare una trentina di canzoni sulle quali lei ha diritto di prelazione per ogni futura pubblicazione. «All'epoca, stavo morendo di fame. Letteralrisponderà lui anni dopo all'ennesima domanda sul suo disco d'esordio. Lui è un tipo strano, estremamente introverso, anche in studio non parla con nessuno, si chiude nel suo stanzino e dice ai musicisti di suonare come gli viene, Per sua fortuna sono tutti jazzisti di buon livello: superato il primo momento di sconcerto troveranno la chiave giusta per rendere questi flussi di coscienza alla Joyce — ecco un altro irlandese che scrisse tutti i suoi capolavori lontano dall'Isola, parlando solo e sempre di essa — qualcosa di simile a canzoni. Non che lo siano sul serio: su otto, cinque superano i cinque minuti di durata, e soprattutto non esistono né strofe; né ritornelli, né incisi. Esistono tappeti musicali quasi sempre acustici, punteggiati qua e là da suoni decorativi, sui quali Morrison canta come solo lui sa fare, con una voce chean attesa di una migliore definizione, forse impossibile da trovare, si dice sia un po' nera e un po' celtica. L'una e l'altra, la musica dei neri e quella della sua terra, sono state da lui cosí interiorizzate da sembrare piú che altro buone approssimazioni per spiegare l'inspiegabile, per definire ciò che desidera rimanere indefinibile. L'effetto che Astral Weeks fa sui suoi primi ascoltatori è simile a quello che si dice abbiano fatto i quadri degli impressionisti sui loro contemporanei: si percepiscono elementi familiari, dettagli di un paesaggio, ma l'insieme rimane misterioso, enigmatico, sorprendente. Van Morrison racconta storie dell'infanzia a Belfast, amori e scorci di paesaggio, ma questi otto brani -- che compongono un'unica suite di 46 minuti, almeno dal punto di vista delle atmosfere valgono piú per quello che suggeriscono che non per quanto dicono. (Mia valutazione: Capolavoro)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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