Editors - In Dream (2015)

di Michele Corrado

Segni particolari: i bellissimi 'The Back Room' e 'An End Has A Start', rispettivamente del 2005 e del 2007, ersero gli Editors al difficile, ma efficacemente interpretato, ruolo di risposta britannica agli Interpol. Degli Interpol Tom Smith e soci presero i riferimenti post punk e l'eleganza, ma intensificandone epos e volume delle chitarre. Due anni dopo il loro sophomore, la band di Birmingham seppe anche evitare la trappola della ripetitività, dando alla luce un terzo capitolo, lo straordinario 'In This Light and on This Evening', che mantenne l'epicità dei primi due dischi, ma virando su riferimenti più sintetici, in particolare sul synth pop da stadio dei Depeche Mode. 'The Weight Of Your Love' del 2013 fu invece un capitombolo, un disco privo di mordente, orientato a inni da stadio degni dei peggiori U2, che trovano un senso soltanto nelle vendite comunque cospicue. Ora è la volta del quinto full-lenght.

Ingredienti: I singoli intensi ed elettronici che hanno anticipato questo 'In Dreams', in particolare la validissima 'No Harm', lasciavano presagire un ritorno alle vibrazioni di 'In This Light and on This Evening', ma, purtroppo, è andata così solo in parte. Brani come 'No Harm' e 'Our Love', un brano di synth pop 80's in tutto e per tutto, si alternano infatti a grossolani tentativi di anthem da arena come 'Forgiveness', una canzone che cerca invano l'ennesimo singalong arrancando in una punteggiatura d'archi sanremiana. Questo andirivieni di stili genera un ibrido senza soluzione di continuità tra gli ultimi due dischi della band.

Densità di qualità: cosa rimane allora degli Editors che tutti conosciamo, che tanto hanno dato all'indie-rock più scuro degli ultimi anni? Vediamo: un'ottima copertina, oscura ed elegante, l'ottimo singolo di cui sopra, altre due o tre buone canzoni (su tutte la disperata 'At All Cost', unico brano dove la voce di Smith sa ancora graffiare e colpire a fondo, e l'epica chiosa di 'Marching Orders'), qualche interessante linea di synth. Il resto è davvero un confuso amalgama di idee che girano a vuoto anelando a un enfasi ormai smarrita, di riff di chitarra che sono solo un lontano ricordo di quelli che furono il loro marchio di fabbrica, di trucchi da studio fini a mascherare la quasi completa mancanza di soluzioni. Gli Editors di 'In Dream' sono riusciti anche a rendere trascurabile la partecipazione al disco di una fata come Rachel Goswell, che se ancora trova un senso in 'The Law', proprio non lo trova in 'Ocean Of Night', dove la regina dello shoegaze viene relegata al controcanto di un brano tutt'altro che interessante. Un altro problema rilevante pare attanagliare la voce di Tom Smith, che oggi si rivela essere solo la sbiadita ombra di quel timbro insieme disperato e epico, profondo e lacerante, che invasa capolavori come 'Smokers Outside The Hospital Doors' o 'Push Your Head Towards The Air'. (Mia valutazione: discreto)

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