Two Gallants - We Are Undone (2015)

di Tommaso Meazza

Nascere negli Stati Uniti è croce e delizia per chiunque voglia fare musica; nascere in California, in particolar modo a San Francisco, lo è ancor di più. Dalla tua hai la tradizione, hai i mezzi, hai l’ispirazione, hai un DNA ricchissimo di rock&roll, di hard rock, di blues, di folk, di country, di tutto ciò di bello e di orrendo che nell’arco dell’ultimo secolo è stato sfornato nella patria dei blue jeans. Ma hey, sei comunque nato nel paese più competitivo del mondo, e non ti basterà di certo imitare i tuoi idoli per fare la storia. I Two Gallants si presentano al loro quinto album con la stessa formazione: due ragazzi che vanno avanti da 13 anni, camminando fianco a fianco come i protagonisti del racconto di Joyce da cui prendono in prestito il nome. Due ragazzi evidentemente cresciuti a pane e blues, abituati a sognare con una chitarra ed un’armonica a bocca, con qualità né troppo evidenti ma neanche troppo scadenti. I Two Gallants sono l’emblema della musica che non stufa, che non esalta, che non dà noia, che non emoziona troppo: sono l’emblema della normalità fatta musica.

We Are Undone si apre con un bel solo di chitarra, un bel riff, un bel motivetto distorto, un sound si direbbe d’altri tempi (anche se i vari Jack White e The Black Keys ci hanno insegnato che “old times never die”). L’approccio è quello di un rock puro, così come si evince da Incidental in cui il pathos sale prepotente e nella AC/DCiana Fools Like Us: questo trittico è però solamente una parte di quello che i Two Gallants hanno da esprimere in termini sonori. We Are Undone si pone infatti come summa artistica delle capacità dei due californiani, quasi volessero dirci “Hey sembriamo dei cazzoni che suonano rock, ma credi davvero che sia tutto qua?”: e infatti non stiamo parlando solo di un album rock, come testimonia la splendida My Man Go, in cui la chitarra di Adam Stephens abbandona (non proprio del tutto in realtà) il suo overdrive per accompagnare la voce in una emozionante ballata dall’animo blues. E ancora gli arpeggi di Katy Kruelly ci svelano il lato country di questo poliedro che sono i Two Gallants, così come la closing-track There’s So Much I Don’t Know è lontana dalle corde delle sue compagne di scaletta, ma non dalle tipiche sonorità made in USA.

Insomma We Are Undone è la perfetta colonna sonora per un viaggio lungo le interminabili highways americane, da ascoltare rigorosamente con il braccio fuori dal finestrino con addosso inguardabili camicie a quadretti ed immancabili jeans. I Two Gallants, da parte loro, si confermano un gruppo dalle buone capacità, ma di cui tra dieci anni non ricorderemo il nome. (3,5/5 voto mio)

Commenti

  1. Comprato sabato. Fra i prossimi ascolti.
    PS: il loro esordio, al momento, risulta il più bello.

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  2. E' un buon album con una manciata di ottimi brani e il resto discreti.

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