Robert Johnson - King Of The Delta Blues Singer (1961)

Nel 1961 arrivano sui giradischi la voce e la chitarra di uomo morto da 25 anni. Un chitarrista e cantante blues che pochi ricordano, e che non si è abituati a considerare un maestro. Da vivo, nei 27 anni della sua esistenza, Robert Johnson non era stato un mito. Lo diventerà dopo la morte, soprattutto grazie ai musicisti bianchi (e in larga parte inglesi) che identificano in lui il leggendario suono del blues del Delta del Mississippi. Robert Johnson è un fantasma: oltre ai 29 blues registrati tra il 1936 e il 1937, su di lui non v'e certezza alcuna. Pare fosse figlio illegittimo, probabilmente nato nel 1911, di una tale Julia Major, sposata con un Charles Dodds che rifiuterà per sempre di riconciliarsi con la moglie, anche se riprenderà con sé il figlio. Si dice che abbia imparato a suonare la chitarra grazie a uno dei fratellastri e si racconta che da ragazzino pedante e sgraziato all'improvviso si sia trasformato in musicista sorprendentemente dotato. La leggenda - incoraggiata poi dallo stesso Johnson - vuole che sia stato il diavolo in persona (un diavolo nero, naturalmente) a mostrargli come trarre quei suoni prodigiosi dalle sei corde della chitarra. In cambio dell'anima, che Robert dovette rendergli a soli 27 anni, forse perché avvelenato da un marito geloso, forse per via della sifilide. L'Unica certezza, insomma, è che nel novembre del 1936, a San Antonio, Texas, e nel giugno dell'anno seguente, a Dallas, Texas, la Brunswick Records riuscì a portare in studio il chitarrista del Delta e a registrare i 29 blues che imprimeranno per sempre il nome di Robert Johnson nella storia della musica del Novecento. A partire dal 1961, appunto, i primi sedici usciranno su un disco della Colombia grazie a John Hammond, l'uomo che insegue il fantasma di Johnson dagli anni Trenta e che scoprirà Bob Dylan e Brune Springsteen. Ma che cosa ci troveranno, tutti quei bianchi, in quelle sedici tracce? Una sintesi modernissima, nei tempi (il brano più lungo, Terraplane Blues, supera di poco i tre minuti) e nei modi: voce, chitarra, una chitarra che sembra quasi elettrica, tanto viene tormentata. Robert Johnson canta un blues tutto introspettivo, che racconta di uomini in fuga, di sesso e di impotenza, di possessione diabolica e dell'impossibilità di sfuggire ai propri demoni. E suona vero, autentico, tanto che ogni leggenda su di lui diventa credibile. (4,5/5 voto mio)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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