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Visualizzazione dei post da novembre, 2014

Captain Beefheart

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New York Dolls, Rock Scene, 1974

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Le 101 copertine di musica più importanti di sempre

You Are The Sunshine Of My Life - Stevie Wonder

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Sei il sole della mia vita ecco perchè io ti sarò sempre accanto sei la pupilla dei miei occhi resterai per sempre nel mio cuore mi sento come se fosse l'inizio sebbene io ti abbia amato per un milione di anni e se avessi pensato che il nostro amore stava finendo mi sarei ritrovato ad annegare nelle mie stesse lacrime sei il sole della mia vita ecco perchè io ti sarò sempre accanto sei la pupilla dei miei occhi resterai per sempre nel mio cuore devi aver saputo che ero solo perchè sei venuta in mio soccorso e so che questo dev'essere il Paradiso come potrebbe esserci così tanto amore dentro di te, altrimenti? sei il sole della mia vita ecco perchè io ti sarò sempre accanto sei la pupilla dei miei occhi resterai per sempre nel mio cuore l'amore ci ha raggiunti l'amore ci ha raggiunti pensiamo al dolce amore

Daniel Lanois - Flesh And Machine (2014)

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di Marco Boscolo Carne e macchina, fisico e astratto, analogico e digitale: queste le coppie di opposti entro cui si muove questo sesto disco in solo di Daniel Lanois. Per il producer e sound engineer reso celebre per le collaborazioni degli anni Ottanta con Peter Gabriel e U2, la forma canzone non è mai stata una casa, per cui in questo Flesh and Machine ha puntato tutto sull’atmosfera e il suono. Il risultato è un disco ambient, ma ambient come lo poteva pensare uno che ha lavorato con Brian Eno a Ambient 4: On Land (1982) e Apollo: Atmospheres And Soundtracks (1983): a partire da registrazioni sue, manipolazioni e continue trasformazioni/trasfigurazioni del suono, fino a ottenere scenari liquidi (The End, Aquatic), moti cinetico-cinematici (gli episodi probabilmente migliori Opera e Sioux Lookout), riflessioni spirituali (Rocco, Iceland). Non è un disco che segnerà la storia della musica, ma è certamente lo sforzo in solo migliore mai compiuto da Lanois che – guarda caso – a

Johnny Clegg

Fra i più popolari esponenti della world music nella seconda metà degli '80, Johnny Clegg (1953) si trasferisce con la famiglia in Sud Africa all'età di sei anni. I genitori (la madre cantante di cabaret, il padre giornalista antirazzista dichiarato) ne influenzano le inclinazioni artistiche e sociali. Già da ragazzo, Clegg incappa nelle leggi razziali del suo paese adottivo, frequentando esponenti della minoranza zulu. Discografia e Wikipedia

Le Luci Della Centrale Elettrica - Per ora noi la chiameremo felicità (2010)

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B.B. King

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Jerry Garcia, Rolling Stone, 1972

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Le 101 copertine di musica più importanti di sempre

Gong - I See You (2014)

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di Matteo Meda Se un neofita del decennio d'oro del rock venisse a chiedere di una band del periodo alla quale avvicinarsi con estrema cautela, chi scrive nominerebbe immediatamente i Gong. Se lo stesso soggetto modificasse la domanda cercando informazioni sul gruppo più emblematico dell'intera decade seventies, la risposta sarebbe la medesima. I Gong sono l'hippie, il freak, Canterbury, la psichedelia, la follia e il genio riuniti sotto un unico, comun denominatore. I Gong sono una famiglia, una comune che ha vissuto la sua storia su un pianeta parallelo (Planet Gong, appunto), che come tutte ha il suo capo, la cui autorità è ciclicamente messa in discussione da altre personalità, fra le quali anche le più forti (cfr. Pierre Moerlen) hanno finito per dover abdicare. E ci troviamo così nel 2014 con Daevid Allen ancora al timone, arzillo e instancabile settantaseienne dalla presa saldissima, fresco di vittoria di una prima (e ci auguriamo anche ultima) battaglia contro il

The Ship Song - Nick Cave & The Bad Seeds

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Fai navigare le tue navi attorno a me E radi al suolo i tuoi ponti Facciamo un po’ di storia, bimba Ogni volta che mi vieni vicina Libera i cani contro di me E sciogliti i capelli Tu sei un piccolo mistero per me Ogni volta che mi vieni vicina Parliamo di ciò tutta la notte Definiamo il nostro terreno morale Ma quando mi trascino tra le tue braccia Tutto crolla giù, a terra Fai navigare le tue navi attorno a me E radi al suolo i tuoi ponti Facciamo un po’ di storia, bimba Ogni volta che mi vieni vicina Il tuo volto si è intristito ora Perché sai che è prossimo il tempo In cui dovrò rimuovere le tue ali E tu, tu dovrai imparare a volare Fai navigare le tue navi attorno a me E radi al suolo i tuoi ponti Facciamo un po’ di storia, bimba Ogni volta che mi vieni vicina Libera i cani contro di me E sciogliti i capelli Tu sei un piccolo mistero per me Ogni volta che mi cerchi

Robert Wyatt - Different Every Time (2014)

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di Guido Festinese Ci sono musicisti che, spinti da una sorta di bulimia produttiva, inondano il mercato con decine di produzioni. Sparano nel mucchio, in pratica, sperando di cogliere qualche bersaglio grosso. A volte ci riescono. Ce ne sono altri che sembrano distillare le proprie creazioni, centellinando occasioni ed uscite. Poi però va a finire che, nella conta degli anni e dei decenni, anche i distillatori di note hanno lasciato attorno a sé tracce consistenti. Tutte utili, però. A volte utili e indispensabili. Altre ancora indispensabili e radiose. Come quelle dell'Angelo Rosso in catene sulla sua sedia a rotelle Robert Wyatt. Che è anziano e acciaccato, come la sua dolcissima compagna di sempre Alfreda Benge. Non va più sui palchi, ma quando fa uscire qualcosa è bene precipitarsi a procurarselo. Pena mancanza di iniezioni proteiche che possono continuare a confortare esistenze agre. Questo doppio è l’ultima idea del patafisico signor Wyatt. Un lavoro in cui ha raccolto i

The Clash

Una tra le più importanti rock band di tutti i tempi e tra i più celebri gruppi punk della prima ondata britannica, i Clash affondano le proprie radici in due oscure formazioni vissute a cavallo del 1975, i 101'ers e i London SS. I primi sono guidati da Joe Strummer (1952 - 2002, vero nome John Mellor), figlio di un ambasciatore. L'organico comprende Clive Tiperlee, futuro fondatore dei Passions, e Richard Dudanski, in seguito membro dei P.I.L. di Johnny Rotten. Discografia e Wikipedia

Field Report – Marigolden (2014)

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di Gianni Zuretti Saremo sempre grati a Adam Duritz (Counting Crows) per aver segnalato a Buscadero, tra i suoi preferiti ascolti, quello dei Field Report. Comunemente si dice che per fare il primo disco serve una vita e per fare il secondo due anni e così è stato, tanto è il tempo che intercorre tra l’omonimo debutto della band di Milwaukee, Field Report (2012), e questo Marigolden. Il leader indiscusso del combo del Wisconsin, Chris Porterfield (il nome della band è l’anagramma del suo cognome), dopo aver attraversato un periodo in cui pareva non potesse trarre ispirazione se non devastandosi con l’alcool, riesce a trovare la forza di restare sobrio e passo dopo passo, si rende conto di avere molte frecce per il suo arco e che l’ispirazione per la scrittura non arriva dalla pericolosa molecola bensì dalla propria competenza musicale e dall’anima. Dopo aver scritto chitarra, voce e poco più tutti i pezzi prende armi bagagli e musicisti e si stiva, tra una bufera di neve e l’altra,

Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra - Fuck Off Get Free We Pour Light On Everything (2014)

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di Gianfranco Marmoro Efrim Menuck, David Payant, Jessica Moss, Sophie Trudeau e Thierry Amar, ovvero la line-up attuale dei Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra, uno dei tanti germi dei Godspeed You! Black Emperor. Il collettivo canadese più creativo e originale degli ultimi anni giunge a un nuovo capitolo della sua complessa e articolata produzione discografica. Per chi non li conoscesse, basti sapere che la loro musica è una liturgia, un post-rock aspro dove i violini e le chitarre stridono con la stessa intensità poetica del canto delle megattere: “Fuck Off Get Free We Pour Light On Everything” è il loro album, diciamolo subito, dove il gruppo mette in atto la miglior rappresentazione della sua arte. L’estetica post-rock è quasi scomparsa, resta solo quell’insieme cacofonico e austero di folk, blues e rock che ha dato forma a uno dei più originali linguaggi sonori; un'enfasi scarnificata, un nuovo suono hardcore, che nei dieci minuti dell’iniziale “Fuck Off Get Free

Joe Strummer

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Isaac Hayes, Ebony, 1972

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Le 101 copertine di musica più importanti di sempre

Niente Da Capire - Francesco de Gregori

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Le stelle sono tante, milioni di milioni, la luce dei lampioni si confonde con la strada lucida. Seduto o non seduto, faccio sempre la mia parte, con l'anima in riserva e il cuore che non parte. Però Giovanna io me la ricordo ma è un ricordo che vale dieci lire. E non c'è niente da capire. Mia moglie ha molti uomini, ognuno è una scommessa perduta ogni mattina nello specchio del caffè. Io amo le sue rughe ma lei non lo capisce, ha un cuore da fornaio e forse mi tradisce, però Giovanna è stata la migliore, faceva dei giochetti da impazzire. E non c'è niente da capire. Se tu fossi di ghiaccio ed io fossi di neve, che freddo amore mio, pensaci bene a far l'amore. È giusto quel che dici ma i tuoi calci fanno male, io non ti invidio niente, non ho niente di speciale. Ma se i tuoi occhi fossero ciliege io non ci troverei niente da dire. E non c'è niente da capire. È troppo tempo amore che noi giochiamo a scacchi, mi dicono che

Eric Clapton

Uno dei maestri della chitarra rock-blues, Eric Clapton (1945) entra nelle cronache rock negli anni '60 per la sua militanza con Yardbirds, Bluesbreakers e soprattutto Cream. Dopo la delusione per la rapida fine del supergruppo Blind Faith, agli inizi degli anni '70 si trasferisce a New York e frequenta il giro di Delaney e Bonnie Bramlett, con i quali si esibisce per alcuni mesi. Discografia e Wikipedia

Antony And The Johnsons - Turning (2014)

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di Stefano Solventi Siamo dietro le quinte. Antony si rivolge alle tredici “magnifiche donne” che si sono avvicendate sul palco, complimentandosi con tutte. “E’ stato perfetto“, dice, “a parte qualche problemino con la mia voce“. Non so a quali problemi si riferisse il buon Hegarty, ma se avessero a che fare con quell’estro più terrigno, quella grana soul carnale e a tratti persino brusca che ne hanno mitigata la consueta spiritualità, sono problemi che gli auguro di affrontare spesso. La scena sta più o meno alla fine di Turning, docufilm diretto da Charles Atlas uscito due anni fa ed oggi pubblicato in DVD (più CD contenente l’intera scaletta dei brani). Le riprese risalgono al 2006, quando Antony and the Johnsons, assieme ad Atlas, portarono in giro questo spettacolo che mescolava performance visuale e concerto: accanto ai musicisti (otto elementi – archi, legni, pianoforte, chitarra e fisarmonica – più Antony) si alternavano splendide figure femminili dall’identità sessuale

The Blackbyrds - Night Grooves (1978)

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Sinead O’Connor

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Femi Kuti - No Place For My Dream (2013)

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di Luca Sanna La vita dei figli d’arte ha due facce, quella comoda del giovane ricco e privo di problemi, e quella resa difficile dal continuo confronto con i famosi, magari geniali, genitori. Femi è in effetti il primo figlio di Fela Anikulapo Kuti, inventore e re incontrastato dell’afrobeat, ma molto di più: rivoluzionario, agitatore, oppositore del regime militare che all’epoca reggeva la Nigeria, dove nacque e visse una troppo breve vita, stroncata dalle complicazioni dell’AIDS che aveva combattuto in prima linea. Insomma, l’idolo di una nazione intera, un vero monumento, che Femi, dopo essere stato cresciuto dalla madre, appena quindicenne decise di seguire, diventando membro della sua band e della comune da lui fondata, la Kalakuta Republic. Gli anni ’70 erano al tramonto, ma simili esperimenti libertari ed egualitari erano ancora all’ordine del giorno. Bei tempi, ma non siamo qui per parlare di questo: si tratta invece di esaminare il sesto “full length” - diciamolo pur

David Cassidy, Rolling Stone, 1972

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Le 101 copertine di musica più importanti di sempre

Montesole - Ginevra Di Marco

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Voglio cantare l'uso della forza che nasce dalla comprensione La forza che contiene la distruzione Una forza cosciente serena che sa sostenerne la pena Capace di pietà, tenera di compassione Capace di far fronte, avanzare, capace di vittoria, di pacificazione Canto la morte che muore per la vita di necessità Che rifugge il martirio, l'autodafè Non succube di ciò che si dice di qua sull'aldilà Potrà guardarlo in faccia per quello che è, quando arriverà L'amore non cantarlo, che si canta da sé più lo si invoca meno ce n'è canto la vita che, quando è il suo tempo, sa morire e muore canto la vita che piange sa attraversare il dolore canto la vita che ride, felice di un giorno di nebbia, di sole, se cade la neve canto la sorpresa nei gesti dell'amore canto chi mi ha preceduto, chi nascerà, chi è qui con me sono in questo spazio essenziale, un valore aggiunto L'amore non cantarlo, che si canta da sé più lo si invoca meno ce n'è c

Clannad / Enya

Formazione di primo piano del folk revival irlandese, insieme ai Chieftains la più nota di tutti gli anni '70, i Clannad si formano intorno al 1969 a Dore, Irlanda, nella contea del Donegal, una zona di forte etnia gaelica. Il primo nucleo, con sigla An Clannad, comprende i fratelli Ciaràn e Pòl O Braonàin e i loro zii, i gemelli Pàdraig e Noel O Dùgain, tutti polistrumentisti di buon livello. Clannad - Enia

Fela Anikulapo Kuti - Black President (1981)

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di Alberto Campo Nella discografia sterminata che Fela Kuti ha consegnato alla storia musicale del Novecento, Black President occupa un ruolo determinante, poichè fu l'album che ne impose definitivamente la figura su scala planetaria. Edito da una major, e perciò reperibile anche fuori dai circuiti specializzati, divulgò il linguaggio sonoro rivoluzionario del Presidente Nero oltre la ristretta cerchia degli appassionati. Accompagnato dagli Afrika 70, l'orchestra dal mutevole organico - qui c'è al sax Lester Bowie dell'Art Ensemble Of Chicago, per dire - che ne assecondava le imprese, in seguito ribattezzata Egypt 80, Fela mette in mostra il meglio di sé. Tanto per cominciare, ripropone due temi classici del proprio repertorio: il mantra anti-imperialista I.T.T. (acronimo di International Thief Thief), 18 minuti di funk africano fiero e polemico, e l'elegiaco Sorrow tears and blood . Un Riders of the storm ambientato in Nigeria, quest'ultimo: cronaca d

Tangerine Dream - Phaedra (1974)

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di Andrea Silenzi Il nome Tangerine Dream lo hanno rubato a una strofa di "Lucy in the sky with diamonds" dei Beatles. Il resto appartiene alla storia di un movimento ribattezzato dagli inglesi (non senza ironia) " krautrock ", di cui ancora oggi si scorgono le propaggini. La Germania dei primi anni '70 è stata la culla di una nuova utopia spaziale, di un suono elettronico che deriva direttamente dalle teorie dello scrittore e musicista Ernest Theodor Amadeus Hoffman che in tempi lontani fantasticava di "una meccanica superiore in grado di cogliere i suoni più strani della natura" e capace al tempo stesso di racchiudere in un "tutto indifferenziato" il rapporto tra lo spirito dell'uomo e la realtà. I Tangerine Dream non sono che i protagonisti più celebrati di un movimento musicale che ha sovrapposto senza timore di profanazione la cultura rock (e in particolar modo la psichedelia post Pink Floyd) all'avanguardia e alla nuova

David Byrne

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Damien Rice - My Favourite Faded Fantasy (2014)

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di Michele Passavanti L’esordio nel 2002 con “0”, uno dei dischi più belli degli ultimi 20 anni. Un secondo album a distanza di quattro anni. E poi un lungo silenzio. Negli otto anni che separano “9” da questo nuovo lavoro, Damien Rice ha dovuto affrontare la separazione da Lisa Hannigan. In tutto questo tempo si è fatto notare per qualche cover, una manciata di esibizioni live, la collaborazione con David Hopkin per il brano There Are Debts e una breve apparizione a Sanremo. Poi un giorno arriva finalmente la notizia di un nuovo disco. È Rick Rubin ad accompagnare l’ autore irlandese in questa terza avventura. “My Favourite Faded Fantasy” ha il compito di giustificare 8 lunghi anni di silenzio; anni in cui Damien ha recuperato appieno l’ ispirazione, sprigionata oggi in tutta la sua drammatica potenza attraverso queste nuove splendide canzoni. E così un giorno, alla soglia dei 40 anni, ritorna ad imbracciare la chitarra e a spalancare nuovamente le porte del cuore. Il tempo di gu

The Jackson 5, Ebony, 1971

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Le 101 copertine di musica più importanti di sempre

Horse Feathers - So It Is With Us (2014)

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di Lorenzo Righetto Nel 2012, al termine del tour promozionale del meno fortunato “Cynic’s New Year”, Justin Ringle passa mesi senza toccare una chitarra: “Il periodo più lungo negli ultimi quindici anni”. Cominciano a circolare voci di uno scioglimento della band. E invece il periodo di stop riaccende l’ispirazione di Pringle, che non solo riprende a scrivere, ma compone un ritorno all’altezza dei migliori lavori degli Horse Feathers, imprimendogli una nota positiva, pop ancora più netta che in passato. Ne esce così un “So It Is With Us” che, come suggerisce l’artwork della copertina, rappresenta un ritrovato dinamismo nella musica della band, che rimane floreale e vivaldiana - ma, se prima le stagioni avvicendate sono andate dall’autunno alla primavera, passando per l’inverno, adesso è finalmente l’estate a fare capolino, in un tripudio di accordi in maggiore e di arrangiamenti pieni e coinvolgenti (non a caso, visto che vengono citati i Pentangle nella loro presentazione del disco

I Ain't Got No Home - Woody Guthrie

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Non ho più una casa Non ho più una casa, me ne vado in giro qua e là Sono un lavoratore vagabondo, giro di città in città La polizia mi rende la vita difficile ovunque vada E non ho più una casa in questo mondo I miei fratelli e le mie sorelle sono in difficoltà su questa strada Una strada calda e polverosa che un milione di piedi hanno calpestato L'uomo ricco si è perso la mia casa e mi ha buttato fuori E non ho più una casa in questo mondo Lavoravo i campi come mezzadro, e sono sempre stato povero Lasciavo il ricavato del raccolto direttamente in banca Mia moglie non ce le fece più e morì sul pavimento di casa E non ho più una casa in questo mondo Adesso mentre mi guardo in giro, c'è una grande pianura da vedere Il mondo è un posto talmente bello e divertente Il giocatore d'azzardo è ricco e il lavoratore è povero E non ho più una casa in questo mondo

Ben Howard - I Forget Where We Are (2014)

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di Blackswan In un anno che non ci ha regalato dischi particolarmente riusciti, questo finale di stagione sembra avere in serbo per noi qualche piacevole sorpresa. Dopo aver parlato molto bene, un paio di settimane fa, dell'ultima fatica di Lucinda Williams, mi trovo oggi a raccontare un disco che, sono pronto a scommetterci, scalerà le classifiche personali di molti ascoltatori e probabilmente di molte riviste specializzate. Sto parlando del secondo full lenght di Ben Howard, ventisettenne songwriter londinese, che dopo il buon successo (anche commerciale) del disco d'esordio intitolato Every Kingdom (2011), torna a stupire con un album intenso ed emozionato. Un disco in cui Howard, pur senza inventare nulla di nuovo (la materia è pur sempre quella ormai consunta dell'indie folk), allestisce una scaletta di splendide canzoni umorali e malinconiche, andando a citare con gusto alcune icone del passato quali Nick Drake e John Martin, e artisti più recenti del calibro di

John Cipollina

John Cipollina (1943 - 1989) tra i chitarristi californiani più originali degli anni '60, nasce a Berkeley e cresce a Mill Valley dove, non ancora ventenne, guida già piccole band come Penetrators e Deacons. Alla fine del 1964 è fra i fondatori dei Quicksilver Messenger Service, dai quali si separa dopo cinque album nell'ottobre 1970. Nell'inverno successivo, assieme a Jim Murray, forma i Copperhead. Discografia e Wikipedia

Neil Young - Storytone (2014)

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di Gianni Sibilla C’è qualcosa che non ha ancora fatto? Sì, un disco come questo. Il secondo dell’anno, dopo “A letter home”. Il secondo disco “strano” dell’anno. L’ennesimo disco "strano" di una carriera epica, e tante deviazioni dalle due strade principali, quella acustica e quella elettrica. Con Neil Young c’è sempre da tenere le dita incrociate, quando imbocca queste “backstreets” della sua musica. "A letter home” era una presa per i fondelli, con le sue cover monotone registrate in una cabina del telefono degli anni '30, per sfida e per divertimento. Con “Storytone” Neil Young fa le cose sul serio: un disco “orchestrale”, il primo della sua carriera, che esce anche in una versione doppia: un album con le versioni originali, semi-acustiche, e quello inciso con un ensemble di 92 elementi. “Storytone” è un disco in cui l’idea non prende il sopravvento sul contenuto. Non è un esercizio di stile, o una provocazione. E’ un album di buone canzoni, incise in ma

E T I C H E T T E

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