Miles Davis - Kind of Blue (1959)

Parlare di Kind of Blue in dieci righe? Del disco che dopo mezzo secolo resta il più venduto nella storia del jazz? Nonché della prima espressione compiuta di jazz modale della storia? Dell'ensemble impressionante che lo realizzò: John Coltrane, Julian "Cannonball" Adderley, Bill Evans, Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb, l'unico sopravvissuto e speriamo che gli altri non si rivoltino nella tomba? Dire che un capolavoro di siffatta grandezza fu registrato in una chiesa sconsacrata sulla 30ma strada in appena due session e grazie a uno slalom tra divorzi e disintossicazioni da eroina? Che pertanto è in odore di miracolo e difatti canonizza il suo autore quale Re Mida del jazz, come fu prima per il bebop e come sarà in seguito per la fusion, il jazz-rock e gli arditi cross-over con il pop? Di come, se non ci fosse stato Gershwin, sarebbe stata la colonna sonora baciata per Manhattan con i suoi umori metropolitani? Di come l'iniziale So What snoccioli una lectio magistralis di modal jazz con i suoi nove minuti spesi su un unico accordo? Di come Blue in Green, dove il pianoforte di Evans impone il sigillo di comproprietà, incarni magnificamente il romanticismo sugar free? Di come sarebbe diversa la musica contemporanea se Kind of Blue, questa "sorta di tristezza" che già nel titolo è sintesi mirabile di poesia e musicalità, non fosse esistito? E se non fosse esistito questo tormentato, geniale, arrogante, iconoclasta, rivoluzionario, incasinato figlio dell'Illinois? Dieci righe saranno servite se tornando a casa ci verrà voglia di abbassare le luci e rimetterlo sul piatto.  (Mia valutazione:  Ottimo)
(Donata Ricci)

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