Fine anni ottanta: la rifondazione del rock

Gli anni ottanta in linea di massima vengono ricordati come gli anni degli yuppies, di Reagan e della Thatcher, quelli della musica sintetica e prodotta in serie, dei vari duranduran ecc…ecc… Invece il decennio ha offerto moltissima musica, innumerevoli possibilità, grandi scenari e perfino qualche piccola rivoluzione. 
Se l’immagine dominante è quella del decennio dell’apparenza, delle droghe veloci, dell’immagine che sostituisce la sostanza, al di sotto di tutto ciò gli ottanta hanno messo in scena una delle piccole grandi rivoluzioni del rock: la rifondazione.
In realtà gli anni ottanta cominciano nel ’77 con l’esplosione del punk, su cui non mi dilungherò, se non per riconfermare quello che già sappiamo e cioè: punk=rottura. Il punk fece una sorta di tabula rasa nell’intero pianeta, ma è la musica che mise in evidenza il modo più veritiero.
Per tutte le arti sensibili agli umori del presente, e per il rock in prima linea, si trattò di una vera frattura col passato.
Dopo questa rottura e adesso arrivo al punto, molti musicisti e siamo nel post-punk, se vogliamo catalogare questo periodo, si trovano davanti ad un “foglio bianco”, hanno l’impressione e la consapevolezza di dover riscrivere e quindi di dover ripartire da capo.
In questo periodo considerato da molti “superficiale”, i creativi acquisiscono il fatto che non bisognava più rispondere a modelli e obblighi di ruolo e di pensiero e in altre parole potevano sentirsi “liberi” di rispondere solo a se stessi.
Ed è grazie anche a questo che sono stati incisi moltissimi ottimi dischi, e anche alcuni capolavori, in un periodo tutto sommato molto breve.



Silvano Bottaro

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